La questione di una corretta rappresentazione delle donne nello sport ha iniziato a porsi in modo sistematico grazie alla Carta dei Diritti delle donne nello Sport del 1985 nata dal coinvolgimento di atlete, giornaliste, allenatrici, donne impegnate nella politica e nelle istituzioni.
Come sottolineato dalla risoluzione Europea del 1987, “l’immagine pubblica delle donne impegnate nello sport deriva ampiamente dai mezzi di comunicazione”, concetto successivamente ripreso e sviluppato dal Progetto Europeo Olympia.
Per una narrazione giornalistica attenta, corretta e consapevole è necessario superare pregiudizi e stereotipi >>> LEGGI QUI. Sarebbe sufficiente attenersi a poche regole di buon giornalismo, come è stato ben delineato nel documento Media, Donne e Sport: idee guida per una diversa informazione nato da un’idea di GiULiA Giornaliste e Uisp per sostenere le atlete e le donne del mondo dello sport nella loro lotta alle discriminazioni (presentato nel 2019).
In sintesi:
- Informare sulle discipline sportive femminili con competenza di merito: scrivere delle atlete nello stesso modo in cui si scrive degli atleti.
- Evitare di soffermarsi nei testi sull’aspetto fisico, sul look o sulle relazioni sentimentali, non più – in ogni caso – di quanto si scriva dell’aspetto tecnico, delle prestazioni, dell’impegno e della dedizione profusi per ottenerle.
- Nelle immagini non focalizzarsi su parti del corpo in modo ammiccante.
- Dare alle discipline sportive femminili visibilità al pari di quelle maschili in termini di spazi e, a partire dalla programmazione pubblica televisiva e radiofonica, di collocazione oraria.
- Impegnare gli editori a coinvolgere più giornaliste e commentatrici nelle redazioni sportive, nella cronaca televisiva e radiofonica.
- Declinare al femminile i ruoli, le funzioni e le cariche: ad esempio la centrocampista, l’arbitra, la dirigente, la presidente, la coach, l’allenatrice.
- Evidenziare le discriminazioni e differenze di genere nello sport, ad esempio per quanto riguarda i compensi sportivi, il valore dei premi e dei benefit, le tutele per le atlete (nonostante sia stato istituito il fondo maternità con la legge Finanziaria 2018), la scarsa rappresentanza nelle dirigenze.
Fonte: uisp.it