Il nuovo innesto per l’attacco delle giallorosse: “In una grande squadra come la nostra la mentalità deve essere vincente. Il calcio mi manca tantissimo”
“Dobbiamo lavorare per vincere ogni partita”. Paloma Lazaro (nella foto @LaPresse), nuovo innesto della Roma Femminile si racconta in una lunga intervista al sito ufficiale della società. Dagli inizi a scuola calcio con i ragazzi all’approdo in Italia con la Pink Bari, fino ai primi allenamenti con la squadra di Bavagnoli. Ecco le sue parole.
Chi era Paloma da bambina?
“Quando ero piccola ero sempre in movimento. Ho praticato tanti sport, anche più di uno nello stesso periodo, tra danza, tennis, calcetto… non stavo mai ferma”.
Come hai iniziato a giocare a calcio?
“A scuola, ho iniziato con il calcetto. Ero l’unica femmina a giocare con i maschi, anche in tutto il campionato a cui partecipavamo. Fortunatamente adesso non è più così, vediamo sempre più bambine che si avvicinano al calcio”.
E i bambini maschi come ti accoglievano quando volevi giocare con loro?
“Io portavo direttamente il pallone ed ero io a ricreazione a fare le squadre, ero la boss della situazione”.
Il campionato spagnolo lo seguivi?
“Certo, sono nata e cresciuta a Madrid a pochi passi dal Vicente Calderon e sono tifosa dell’Atletico Madrid. Ogni fine settimana mi piaceva guardare dal balcone i tifosi che andavano allo stadio. A volte ci andavo anche io”.
Che effetto ti fa pensare che ora quello stadio è stato demolito?
“È un bel ricordo, ci sono cresciuta accanto per cui ogni volta che torno a casa provo molto dispiacere a vedere che oggi al posto dello stadio c’è una strada”.
Il tuo idolo chi era?
“Da tifosa dell’Atletico era Fernando Torres. In generale però il mio calciatore preferito è Arjen Robben. Tra le calciatrici, quelle che ammiro di più sono Natalia Pablos che ora ha smesso e Jennifer Hermoso del Barcellona. Entrambe sono state mie compagne quando ero piccola al Rayo Vallecano. Due grandi calciatrici, che hanno vinto tanto e anche due grandi persone”.
La passione per il calcio è nata spontaneamente o ti è stata trasmessa da qualcuno?
“Non so, non c’è stato un momento in particolare. I miei genitori non giocavano a calcio, mia madre faceva karate però mi hanno sempre sostenuta. Tutto è nato a ricreazione con i compagni di classe. Visto che ero brava mi hanno proposto di giocare nella squadra di calcetto della scuola e mi sono appassionata ancora di più. Sono andata avanti e poi dal calcetto sono passata al calcio a 11”.
Com’è stato il passaggio dalle squadre maschili a quelle femminili?
“È stato a 14 anni. Da quell’età in poi non si può più giocare in squadre miste. In molte cose era più comodo, ad esempio quando ero ancora con i ragazzi, alla fine di ogni partita io ero la prima a dovermi fare la doccia. I compagni di squadra aspettavano fuori e una volta finito io potevano entrare loro. È stato un grande cambiamento anche a livello potenza e di velocità. Giocando con i maschi dovevo sempre dosare al massimo le forze per tenere a livello di potenza e velocità”.
Il tuo esordio in prima squadra è stato con il Rayo Vallecano: qual era il livello del club?
“Era una squadra al top in Spagna, abbiamo vinto due campionati e quasi tutte le calciatrici della nazionale venivano dal Rayo. È stata una fortuna avere l’opportunità di crescere in una grande squadra della mia città. Ora molte delle mie compagne dell’epoca giocano al Barcellona e all’Atletico”.
Com’è stato il passaggio dalle giovanili alla prima squadra?
“Da quando avevo 15 anni l’allenatore della prima squadra mi ha voluta sempre negli allenamenti delle grandi. Quindi ho avuto la possibilità di crescere allenandomi costantemente con calciatrici fortissime e questo mi ha cambiato molto la mentalità. Oltre al divertimento ho iniziato a vivere il calcio con un approccio professionale, fissandomi obiettivi sempre più alti”.
Dopo un anno al Madrid CF, nel 2015 ti sei trasferita a Tenerife: com’è stato passare dalla grande città a un’isola?
“È stato un grande cambiamento, ho colto questa opportunità per crescere come persona e calciatrice e diventare indipendente. Sono diventata una persona diversa rispetto a com’ero prima. Poi a Tenerife si vive molto bene, c’è il sole tutto l’anno, la vita è economica, le distanze sono limitate, c’è il mare… Però ammetto che a volte mi mancava anche il casino della città essendo abituata a vivere al centro di Madrid”.
Come vi organizzavate per le trasferte? Ogni partita un volo di almeno due ore?
“Sì, ogni 15 giorni prendevamo un aereo. Al viaggio andavano aggiunti anche i 45 minuti di pullman fino all’aeroporto che è dall’altra parte dell’isola più il pullman nella città di arrivo. Partivamo il sabato e la domenica alle 12:00 giocavamo e poco dopo tornavamo a Tenerife. Era pesante”.
Nel 2019 ti sei trasferita alla Pink Bari: com’è nata questa decisione?
“Avevo voglia di cambiare, di fare un’esperienza nuova, di conoscere una nuova cultura, una nuova lingua. Mi sono trovata bene in Italia e quando dopo la Pink Bari ho avuto la scelta tra tornare in Spagna e andare alla Fiorentina non ho avuto dubbi, anche perché a Firenze avrei potuto giocare la Champions League e la Serie A con una squadra di vertice”.
Quali differenze trovi tra calcio italiano e spagnolo?
“In Spagna c’è un calcio molto tecnico ma anche in Italia sto vedendo sempre di più calciatrici tecniche. Anche la Nazionale è molto cresciuta di livello avvicinandosi alla Spagna e all’Inghilterra, credo che anno dopo anno migliorerà sempre di più. Anche la prestazione dell’Italia al Mondiale del 2019 mi ha sorpreso molto e mi ha convinto ancora di più a restare in Italia”.
Quali sono finora i ricordi più belli della tua carriera?
“I ricordi più belli finora sono legati a quando ho fatto parte della selezione di Madrid a partire da quando avevo 14 anni. In Spagna ci sono campionati tra le selezioni delle diverse regioni. Ricordo la prima vittoria in finale contro la squadra di Valencia. Ho partecipato a quattro di questi tornei e li abbiamo vinti tutti. Con le nazionali giovanili invece abbiamo vinto un Europeo Under 17 e siamo arrivate terze al Mondiale Under 19. Da questi risultati il movimento spagnolo è cresciuto tantissimo. Sono state esperienze importantissime perché ti inquadrano a livello professionale grazie allo staff che ti segue e che ti insegna la tecnica e la tattica. Ringrazio tanto per l’opportunità di aver fatto parte di queste squadre”.
C’è una persona che è stata particolarmente importante per la tua carriera?
“Ce ne sarebbero tanti da nominare, in particolare tra gli allenatori che mi hanno aiutato a crescere a livello di mentalità o di compagne di squadra, ma dovendo fare un nome dico Blanca Romero, una preparatrice atletica che mi segue da quando avevo 15 anni, dal Rayo al Madrid CF. Sa tirare fuori il meglio di me, sia a livello fisico sia mentale. Mi conosce bene sin da quando sono piccola ed è rimasta un punto di riferimento per me”.
Che impressione ti sta facendo la Roma nei primi allenamenti con i compagni?
“È una squadra che non ha paura di controllare la palla e il gioco e per me che arrivo dalla Spagna questo è ottimo. Ci sono anche tante calciatrici tecniche ed è una cosa che mi piace molto. A livello di club è organizzato molto bene e questo mi convince di aver fatto un passo in avanti per la mia carriera”.
L’allenamento in spiaggia a Ostia ti è piaciuto?
“Sì mi è piaciuto molto. Durante le estati ero abituata a giocare tanti tornei di beach soccer, per cui mi mancava molto arrivare in spiaggia con il pallone”.
Dai tuoi esordi a oggi, quanto ti sembra cresciuto il calcio femminile?
“Tantissimo. Ora siamo nelle condizioni di poterci allenare con un approccio professionale, quando ero al Rayo ricordo le compagne più grandi che venivano agli allenamenti dopo il lavoro e questo non permette di avere il giusto riposo per fare la calciatrice. Le trasferte erano sempre in pullman con viaggi anche di dieci ore perché i treni erano troppo costosi. Tanti aspetti in cui le condizioni sono migliorate tanto”.
Come hai vissuto lo stop dovuto al lockdown e quanta voglia hai di tornare a giocare?
“A me il calcio manca tantissimo anche durante un mese di vacanza, quindi si può immaginare quanto mi sia mancato durante questo periodo. A Madrid sono rimasta in casa praticamente per 90 giorni e mi è mancato tutto, la routine, le trasferte, la vita dello spogliatoio, le partite… tutto”.
Cosa ti aspetti da questa stagione con la Roma?
“Dobbiamo puntare al massimo in tutte le competizioni. Abbiamo la squadra per farlo e la mentalità deve essere questa, lavorare per vincere ogni partita. In una grande squadra come la Roma bisogna ragionare così”.
Fonte: Il Romanista