La Serie A femminile è davvero un’isola felice? È l’isola che non c’è di Peter Pan? Crediamo di si. Il movimento rosa ha reso concreta, nel tempo, quella che Eduardo Galeano chiamava “l’arte dell’imprevisto” del mondo pallonaro. È accaduto grazie a un filone inesauribile di belle ‘storie’. Scritte in un passato lontano, ma anche in un’epoca recente.
Queste belle ‘storie’ bisogna continuare a raccoglierle e raccontarle. Per il calcio femminile crescere significa anche riuscire a occupare uno spazio nell’immaginario collettivo, a catturare l’interesse della gente. Due fattori decisivi, a nostro parere, per assicurare una sostenibilità futura al movimento che sia non solo economica
“Quando siete felici, fateci caso” è un libro di Kurt Vonnegut che ci aiuta – con una voce che resta modernissima nonostante il trascorrere del tempo – a leggere il mondo in maniera critica e anche rivoluzionaria ⏩ LinkedIn.
Per il sistema calcio femminile questa è una fase di felicità. La Serie A, finalmente, ha ampia visibilità televisiva (ma non ancora mediatica in senso lato). Si appresta ad attraversare il guado, epocale, verso il professionismo.
“Quando le cose vanno bene e tutto fila liscio, fermatevi un attimo, per favore, e dite a voce alta: ‘Cosa c’è di più bello di questo?’ Fatene il vostro motto”, sostiene a ragione Kurt Vonnegut.
È quanto consigliamo di fare alla Serie A femminile. Raccontarsi, soprattutto alle giovani generazioni che rappresentano il futuro del calcio. Mescolarsi con la gente, per condividere la magia che ne sottende la storia.
Allora si che potrebbe diventare, per i tifosi e non solo, l’isola che non c’è.
Quella che nel calcio maschile si è dissolta, travolta da un business sempre più iperattivo e intrusivo che ha frantumato tutti i fondamentali di questo sport bellissimo.