Finalmente ci siamo, è davvero il caso di dirlo. Il professionismo della Serie A Femminile, pur con tutte le criticità che si porta dietro, è un traguardo meraviglioso per le falangi di ragazze che hanno impiegato 50 anni prima di vedere il fondo del tunnel.
Nella fase pionieristica del femminile, questo sport bellissimo era una riserva dei maschi. Ma le ragazze sono, per natura, volitive e determinate. Hanno accettato una sfida che, soprattutto alle nostre (retrive) latitudini, sembrava quasi impossibile da vincere. È la realizzazione di quello che, per molto (troppo) tempo, è sembrato solo un sogno utopico.
L’approdo al professionismo delle donne è la prova provata che i sogni dovrebbero (devono) essere in ogni caso, per gli umani, la stella polare da seguire. Il movimento raccoglie, hic et nunc, i frutti dei sacrifici di tante giocatrici che hanno sfangato per anni sui campi di tutta Italia. A loro le bambine che iniziano oggi a correre dietro a un pallone, debbono una profonda gratitudine
Ancora oggi, le ragazze del calcio femminile restano speciali. Continuano a essere mosse da una passione genuina e incontaminata. Il Dick Kerr Ladies Football Club, antesignano di tutto quanto è successo dopo, continua imperterrito a manifestarsi. Soprattutto nelle categorie minori e nei settori giovanili. Un entusiasmo contagioso. Un patrimonio che non deve andare disperso.
Le ragazze del calcio femminile hanno saputo fare grandi sogni. Hanno infine realizzato il sogno sognato delle sognatrici. Non si può che ammirarle, e amarle, per la tenacia che hanno dimostrato (nella foto: Giulia Giacobbo, con la maglia della scomparsa Florentia San Gimignano, con i capelli al vento nel giorno del suo esordio in serie A allo stadio Olimpico di San Marino).
“Siamo fatti anche noi della materia di cui sono fatti i sogni: nello spazio e nel tempo di un sogno è racchiusa la nostra breve vita“.
(William Shakespeare, ‘La tempesta’)