“La leva calcistica della classe 1968″, paradigma dell’essenza e della magia del calcio, è uno dei tanti gioielli che Francesco De Gregori ha disseminato lungo il suo percorso musicale. L’etica incarnata dall’adolescente Nino assomiglia, oggi, a una chimera. Il futuro è precario. “La leva” è la prova che il calcio è una metafora della vita. Bello sarebbe se le ragazze del calcio femminile, che di Nino mostrano lo stesso coraggio e la stessa fantasia, fungessero da traino per la rinascita di un movimento appassito e che si sta accartocciando su se stesso.
Che fine avrà fatto Nino? Aveva dodici anni, nel 1968. Si spolmonava su un campo polveroso della periferia di Roma. Condivideva con i suoi coetanei sogni e speranze, la materia prima dell’adolescenza. E Nino ‘nonostante le spalle strette, puntava a conquistare la maglia numero sette’.
Lo abbiamo perso di vista, dopo aver condiviso con lui le emozioni di una giornata e di un provino che hanno colpito al cuore un’intera generazione. Ignoriamo tutto del suo futuro, calcistico e non solo, ‘se abbia appeso le scarpette a qualche tipo di muro, se passi il tempo a ridere dentro un bar, se si sia innamorato per dieci anni di una donna che non ha amato mai’.
Non lo sappiamo. E neppure lo vogliamo sapere. Nino è l’icona, immortalata nel tempo, del ‘calcio sognato dei sognatori’. Sarebbe un delitto estrarlo dall’oblio, come fanno i tanti lacrimevoli talk che imperversano nelle mediocri televisioni italiane.
Siamo certi, però, che avrà continuato a ‘mettere il cuore dentro le scarpe, a correre più veloce del vento’ ogni volta che è stato necessario. Che non sia mai lasciato andare straccamente alle onde del destino senza metterci del suo.
Qualcuno ha scritto che Francesco De Gregori, se non fosse diventato un poeta musicista (o un musicista poeta), sarebbe stato un grande uomo di cinema. Le storie che ha saputo raccontare, da quando nel 1975 irruppe dentro le nostre vite con quel gioiello artistico che resta l’album “Rimmel”, sono sceneggiature e scrigni letterari. Quella di Nino non fa eccezione. Anzi, ne rappresenta uno dei punti forse più alti.
“La leva calcistica della classe 1968” è un capolavoro. Non solo per gli innamorati del pallone. Pochi hanno saputo raccontare, con altrettanta semplicità e armonia, i valori etici che dovrebbero essere (sono) il pilastro di questo sport. La sua (inarrestabile) deriva è legata, e non poco, alla mediocrità di chi oggi lo dirige contaminando addetti ai lavori e tifosi.
In tanti hanno il terrore di tirare un calcio di rigore. La fuga dalle responsabilità sottende, nel terzo millennio, la liquidità di un mondo troppo globalizzato. Quanti riusciranno ancora a ispirarsi al coraggio, all’altruismo e alla fantasia che sono state le stelle polari di Nino?
Riascoltare le parole e la musica di Francesco De Gregori aiuta ad affrontare i problemi di oggi con lo stesso slancio che guidava, nel 1968, questo adolescente. Partecipare a una leva di aspiranti giocatori era il modo per mettersi davvero alla prova, confrontarsi con se stessi, trasmettere nel tempo i valori etici che dovrebbero ispirare il calcio e la vita.