Serie A Femminile: occorre aprire ‘vie nuove’ per la sostenibilità del professionismo

La Serie A Femminile, con l’ingresso nell’era professionistica – che ha portato alla sostanziale cancellazione dell’ala dilettantistica fatte salve le eccezioni rappresentate da Como e Pomigliano – rischia un (pericoloso?) appiattimento sul modello maschile.

Il movimento è entrato in un sistema che versa in gravissima crisi economica, e non solo. Fatto sta che il calcio maschile non sembra più in grado di autofinanziarsi, se non ricorrendo ad ambigui artifici contabili.

Se si vuole raggiungere la sostenibilità, bisogna sapersi inventare da subito qualcosa di nuovo. Nei progetti a venire non può mancare uno spirito di ‘visione’, paradossalmente sostenuto da quel filo di sana follia senza il quale certi obiettivi restano chimere.

Il movimento in rosa ha l’obbligo non solo di non farsi irretire dal suo clone, ma anche di sapersi costruire percorsi alternativi e innovativi.

👉🏽 Diversamente iI modello di calcio al quale rischia di assimilarsi la Serie A Femminile sarà quello dei ‘muri di gomma’ e delle ‘facce di bronzo’ che hanno trascinato il sistema calcio italiano sull’orlo del baratro, rinviando ad libitum scelte catartiche di rinnovamento che avrebbero potuto rimetterlo in carreggiata.

Se non vuole lasciarsi travolgere dalle criticità del corrispettivo maschile e non fare la fine di Sansone che morì con tutti i Filistei, il femminile dovrebbe (deve) chiudere definitivamente alcune parentesi per aprirne di nuove e peculiari.

👉🏽 Occorre uno specifico progetto di compatibilità a medio-lungo termine, sia economico sia tecnico, per tenere il passo con i competitors europei. Occorre un tavolo di lavoro al quale aggregare anche rappresentanti dell’ala dilettantistica: un capitale umano che non può andare disperso, perchè è quello che ha accompagnato il movimento verso il professionismo.

Si deve, in ogni caso, agire presto. Prima che si può. Che è già tardi.

 

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