La questione dell’adeguatezza degli impianti nei quali si sarebbero giocate le partite della Serie A Femminile nell’era professionistica, era stata sollevata da Calciopress in epoca non sospetta (31/5/2022) ➡️ In quali stadi giocherà la Superlega di Serie A Femminile?
✳️ La decisione di giocare a porte chiuse la gara Pomigliano-Juventus Women, a prescindere dai club implicati e dalle motivazioni a monte che potrebbero essere corrette, rappresenta di fatto un vulnus per le rispettive tifoserie. Nessuno ha tutelato gli interessi di chi le partite ha ancora voglia di vederle giocare dal vivo.
👉🏿 La riflessione possibile, a nostro parere, è una sola e chiara. Il calcio femminile, in carenza di soluzioni logistiche valide e sostenibili, tradisce la passione dei tifosi. Li trasforma, da protagonisti, in inutili orpelli di un prodotto che diventa opaco e privo di trasalimenti. Inevitabile che la memoria torni indietro. Al calcio di una volta. Senza guardare al genere.
C’era una volta il tifoso vero, razza ormai in via di estinzione. Quello che, il giorno prima o la mattina stessa in cui scendeva in campo la sua squadra del cuore, dava un’occhiata al tempo e al portafoglio. Rifletteva, tra sé e sé, sull’opportunità o meno di andare a vedere la partita. Alla fine, come sempre, la ragione veniva inesorabilmente sconfitta. E così si avviava verso lo stadio, con la sensazione dentro di andare a fare qualcosa di buono e di utile. Senza chiedere niente in cambio, salvo una briciola di felicità. Saliva in macchina o in treno (quando si giocava in trasferta) e partiva verso l’avventura con lo spirito di un bambino. Magari portandosi dietro anche la prole. Per abituarla, fin dalla tenera età, ad amare le maglie sopra ogni altra cosa e a vivere la partita in diretta. Così come dovrebbe essere. Perché, a prescindere da ogni altra considerazione, le maglie non andrebbero mai lasciate sole. Accada quel che accada.
Poi ha iniziato a riprodursi il tifoso per caso. Quello che, impigrito dalle comodità dell’era moderna e ricattato dalla pay per view che gli consente di seguire la partita in pantofole nel confortevole tepore del salotto di casa, ha progressivamente rarefatto la partecipazione diretta all’evento. Prima ha iniziato a saltare le trasferte e, poi, anche le partite in casa. Quindi ha deciso di restringere la sua partecipazione a pochi eventi topici (playoff, playout, festeggiamenti per la promozione e/o la salvezza). Forse anche in ossequio al presenzialismo ossessivo, che pervade tanta gente e ha ben poco a vedere con la passione genuina.
Nei nostri tempi opachi viviamo ormai l’era del tifoso inutile. L’avvento dei troppi organismi deputati al controllo dell’ordine pubblico ha dato il colpo di grazia alla già labile voglia di calcio che c’era in giro. Giorni e orari talora improbabili, impianti inadeguati, ricettività ridotta ai minimi termini, partite giocate a porte chiuse. Salvo qualche rara e meritoria eccezione, in serie A femminile si gioca (mediamente) davanti a pochi intimi.
👉🏿 Il fatto è che, secondo il discutibile ragionamento di quanti dovrebbero gestire al meglio il bene comune in tutte le sue manifestazioni, il tifoso non serve più da traino al calcio. Quanto meno non a questo orribile calcio moderno, che ne ha di fatto inaridito tutte le radici. Il tifoso è stato trasformato in un accessorio inutile, se non perfino ingombrante. Meglio tenerlo lontano. Meglio affidarsi a uno spettacolo virtuale. Da giocarsi in grigi e artificiali scenari di cartapesta.
Nella foto: lo stadio ‘Santa Lucia’ di San Gimignano, dove giocava la Florentia, stipato di tifosi.