Quel che resta della Florentia: la volta che il ‘Santa Lucia’ sembrò il Maracanà

Non si sentì rassicurato, sentì invece una grande nostalgia,
di cosa non saprebbe dirlo, ma era una grande nostalgia
di una vita passata e di una vita futura, sostiene Pereira” 
(Antonio Tabucchi, ‘Sostiene Pereira’)

Un umido pomeriggio di un sabato di febbraio del 2020 dette l’illusione che il progetto Florentia San Gimignano avesse trovato la sua definitiva consacrazione. Un avversario di grande prestigio, reduce da sette vittorie consecutive in campionato. Uno stadio bomboniera traboccante di pubblico e di entusiasmo. Un’organizzazione curata nei minimi dettagli. Una straordinaria connessione con il territorio. Un ‘Mercato al Campo’ a chilometri zero allestito all’interno dell’impianto.

I giochi sembravano fatti. La Florentia, nata dalla passione del giovane presidente Tommaso Becagli, si era resa protagonista di una bella storia di calcio. Anzi, ‘la più bella storia del calcio femminile’ come spiegava il colorato murale al Santa Lucia. Il club aveva deciso, all’inizio di quella stagione e dopo un lungo peregrinare, di mettere le proprie radici a San Gimignano.

La risposta del contesto era stata eccezionale già nelle partite interne con la Fiorentina (debutto in campionato), con la Roma e con il Milan. Ma il top venne toccato con l’arrivo al Santa Lucia della Juventus, regina del campionato di serie A femminile. Tutto funzionò con sincronismo perfetto. Il risultato di parità fu la ciliegina sulla torta. La comunità di San Gimignano si strinse con grande passione intorno alle ‘sue’ ragazze in maglia neroverde, portandole al centro di un’attenzione mediatica che sembrava foriera di chissà quali importanti sviluppi.

Le cose non sarebbero andate come si sperava. Il virus del ‘calcio business’ contagiò anche il femminile, travolse la Florentia San Gimignano, la obbligò a rinunciare alla Serie A e cedere il suo titolo sportivo alla Sampdoria.

Chi scrive è stato per due anni il coordinatore dell’area sanitaria di questo club, protagonista di un capolavoro calcistico frutto del lavoro appassionato di un gruppo ‘unico’ e forse irripetibile. La splendida cavalcata in Serie A Femminile – con la partecipazione della Primavera alla Final Four di Sassuolo – porta la firma di persone che si sono dimostrate, prima di ogni altra cosa, innamorate follemente del calcio e coerenti con la trasversalità sociale che lo sottende. Un gruppo coeso, tetragono, artefice di una fantastica avventura.

Quel che resta a quanti ebbero la ‘buena suerte’ di entrare in questo progetto è un misto di gioia, di puro divertimento, di leggerezza. Esattamente l’insieme di stati d’animo che rendono magico il gioco del calcio. Per queste ragioni l’impresa compiuta dalla Florentia resterà, sempre e per sempre, impressa nella memoria di quanti vi presero parte. Troppi i nomi per ricordarli uno per uno, come questa ‘favola’ si meriterebbe. La cosa più bella è che la ‘sensazione’ indelebile di ciascuno di loro, ogni volta che riaffiora alla mente, riesce a riscaldare il cuore.

You may also like

La grande crescita della Nazionale di Andrea Soncin è la prova provata della crescita del calcio femminile: ma si può (deve) fare di più per le bambine che si avvicinano ai vivai

Esiste solo il calcio. Uno sport bellissimo, a