Il calcio è uno sport bellissimo, a prescindere dal genere. La sua valenza sociale si esprime nella trasversalità del tifo, che tiene uniti i ceti più variegati. Il suo più grande limite è la precarietà, l’incertezza del futuro.
Una spada di Damocle che può trasformare qualsiasi club in una canna al vento, vale a dire perennemente in balia del proprietario di turno che può decidere a suo piacimento di bucare il pallone e portarselo a casa. Lasciando nell’incredulità intere tifoserie.
Ecco perché il calcio avrebbe (ha) un disperato bisogno di etica. La ‘grande storia’ dei singoli club è invece troppo spesso in mano a personaggi sbiaditi, senza fantasia, senza lungimiranza, senza un vero interesse per la città e per il territorio che i colori delle maglie rappresentano.
Latita quell’etica che i tifosi, candidi e immarcescibili Peter Pan, riescono a iniettare in dosi (ancora e pervicacemente) industriali dentro un sistema contaminato oltre ogni ragionevole misura da un business sfrenato che potrebbe farlo scivolare inesorabilmente verso il collasso.
L’amore dei tifosi per le maglie, perché è di amore che stiamo parlando, non verrà mai meno nel corso della vita. Qualunque cosa accada, non diventerà mai qualcosa di negoziabile. Saranno solo i tifosi a dare senso e continuità alle ‘grandi storie del club‘ che insieme formano la ’grande storia del calcio’.
Se lo mettano bene in testa gli scettici. La storia di ogni club, per quanto minuscolo e periferico sia nella geografia del calcio, resterà sempre e per sempre una grande storia. Il calcio è uno sport con l’anima e la sua anima sono i tifosi.
Nella foto ⏩ Il Centro Storico Lebowski (club di proprietà dei tifosi) ha anche una squadra femminile iscritta in serie C nazionale e allenata da Andrea Serrau, che è il fiore all’occhiello della società.