Il caso Sampdoria Women e l’amarezza delle giocatrici: storia di calcio e di passione tradita

Era il migliore di tutti i tempi, era il peggiore di tutti i tempi, era il secolo della saggezza, era il secolo della stoltizia, era l’epoca della fede, era l’epoca dell’incredulità, era la stagione della Luce, era la stagione delle Tenebre, era la primavera della speranza, era l’inverno della disperazione, avevamo tutto dinanzi a noi, non avevamo nulla dinanzi a noi, andavamo dritti dritti al Cielo, andavamo dritti dritti dalla parte opposta”.
(“A Tale of Two Cities”, Charles Dickens)

Il calcio femminile ha vissuto, per lunghissimo tempo, ai margini del mondo pallonaro maschile. Il Mondiale di Francia, nel 2019, sembrava aver aperto la strada alla definitiva esplosione di un movimento che comunque aveva attraversato momenti esaltanti anche nei lustri precedenti.

Di sicuro il mondo pallonaro rosa si fonda su una determinazione e una passione senza limiti, non raffrontabile con le vicende ormai adulterate dal ‘business’ del contrappasso maschile. Prova provata? Le centinaia e centinaia di ragazze che hanno sfangato sui campi di tutta Italia per decenni, sorrette da un entusiasmo senza limiti, senza altro obiettivo se non giocare per divertirsi.

La storia del calcio femminile è stata (e lo è ancora è) del tutto peculiare, dunque. Intrisa di ideali, di valori, di aneddoti, di memorie, di gioie temperate da amarezze. Un’epopea sottesa da una varietà strabordante di situazioni a corrente alternata, che avrebbero dovuto porre le fondamenta al tanto sospirato passaggio al professionismo della Serie A.

Il caso Sampdoria Women richiama tutti alla dura realtà delle cose, che non sempre prendono la piega che si vorrebbe prendessero. Anche, o forse soprattutto, per l’intrinseca mediocrità di chi ha in sorte di tenere stretto fra le sue mani il manico del comando.

Le giocatrici doriane, ancora incerte sul futuro proprio e della squadra, hanno affidato a una lettera aperta sui social tutta la loro amarezza. Per enfatizzare le difficoltà con le quali si stanno confrontando, a meno di un mese dall’inizio della Serie A.

Ne estrapoliamo un passaggio significativo, sul quale sarebbe opportuna un’attenta riflessione da parte di tutti gli addetti ai lavori.

“…a differenza della squadra maschile, non abbiamo ancora percepito il pagamento della mensilità di giugno relativo alla passata stagione. Ancora una volta, appare evidente come i diritti di noi donne risultino secondari rispetto a quelli dei nostri colleghi uomini… prima di essere giocatrici siamo persone che stanno soffrendo e che meritano rispetto, fino ad ora mai dimostrato”.

Era questa la svolta che ci saremmo attesi dal passaggio al professionismo della serie A femminile?

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