Il tifoso che va allo stadio sembrerebbe una specie in via di estinzione, anche se da un po’ di tempo qualche segnale di ripresa comincia a vedersi.
Non è stata (forse) creata una razza geneticamente modificata, ovvero il tifoso virtuale inchiodato davanti a un qualsiasi device per seguire le partite (anche su schermi decisamente improbabili come quelli dei telefonini)?
Un dato statisticamente acclarato, che mal si accorda con la natura nazional-popolare di uno sport diventato bellissimo proprio grazie ai suoi stadi colorati e alla partecipazione dal vivo della gente allo spettacolo.
A proposito dei club di calcio femminile si aggiunge, a questi elementi oggettivi, una serie di criticità economiche (e anche organizzative) legate alla carenza di risorse in grado di renderli sostenibili nel medio-lungo periodo. Salvo rassegnarsi al ruolo di (sbiaditi?) cloni delle società maschili.
Il movimento rosa, con l’eccezione di sprazzi contingenti ai quale ci si attacca ciclicamente, non riesce ancora a entrare nell’immaginario collettivo. Resta l’anello più debole e più precario del mondo pallonaro italiano
Se non interverranno fatti nuovi il rischio è un flop che potrebbe coinvolgere a breve scadenza le poche società, autonome e virtuose, che ancora cercano di resistere sulle barricate senza affiancarsi a un corrispettivo maschile (nella foto: lo stadio ‘Santa Lucia’ di San Gimignano, dove giocava la Florentia del presidente Tommaso Becagli prima di autoestromettersi dalla Serie A professionistica).
Il calcio femminile resta (ancora) un pianeta dal sapore vagamente kafkiano che, per crescere e per sopravvivere a certi livelli, avrebbe bisogno di un effettivo radicamento territoriale.
Si dovrebbe puntare su risorse economiche e umane reperibili nel contesto, comprese le organizzazioni sociali, per portare tifosi all’interno di stadi che siano strutturalmente compatibili con le finalità di sistema.
I tifosi, che del territorio in cui si muove il club sono l’espressione più pura, andrebbero sempre e comunque cooptati per realizzare un qualunque progetto di crescita. Rappresentano il lato etico del calcio, un’ancora di salvezza fornita dal territorio alla quale attaccarsi per rendere concreto un futuro sostenibile.