Quando si parla di calcio femminile, non ci si può esimere dal fare periodicamente un punto della situazione. Quali sono le dinamiche attuali? Quali le priorità per una crescita, vera e progressiva, di un movimento in grande fermento?
Lo abbiamo chiesto a Stefano Cordeschi, vicedirettore di “Calciopress”** nonchè allenatore della Prima Squadra femminile dell’Atletico Lucca.
Innanzitutto, mister o direttore?
Assolutamente mister. Sono sempre stato un uomo di campo. Anche se per lunghi periodi mi sono dedicato a raccontare il calcio da giornalista, cosa che però mi riesce peggio. Lascio ad altri amici, come Sergio Mutolo, il compito di raccontare il calcio giocato dalle donne, visto che lo fa con competenza assoluta e smisurata passione.
Lo scorso anno grande stagione con le Under 19 della Lucchese, ma anche con le altre categorie. Avete vinto la Coppa Toscana con le Under 17 e ben figurato con le Under 15 e 12. Poi cosa è successo con la Lucchese visto che oggi siete Atletico Lucca?
Alla fine della stagione ci siamo sentiti ospiti indesiderati. Non c’è stata la volontà da parte della nuova dirigenza di assorbire quella che era la ASD Lucchese Femminile. L’Atletico Lucca si è interessata al nostro movimento, vincendo la concorrenza di altre società. E ora le circa cento tesserate giocano sempre in rossonero, ma con lo stemma dell’Atletico Lucca.
Quello che vi è successo, è successo troppo spesso anche ad altre società. Cosa si potrebbe fare per evitare queste situazioni?
Molte cose. La prima è quella di imparare dagli errori del calcio maschile e non ripeterli in ambito femminile, anche se constato purtroppo delle analogie. La seconda è quella di inserire nelle norme di iscrizione ai campionati professionistici maschili, l’obbligatorietà di avere anche una prima squadra e almeno due categorie di settore giovanile femminili. Logicamente devi anche dare, come Federazione, un supporto economico, specialmente per le società di Serie B e Serie C. La terza è quella di una riforma vera del calcio femminile.
A tale proposito, da uomo di campo esperto come sei, che tipo di riforma metteresti in atto?
Parto subito con il dire che una Serie A a dieci squadre e con una fase finale come è oggi, ha quasi del ridicolo. Anche a fronte di società che stanno investendo molto in questo mondo e che meriterebbero un campionato ben più ampio di partecipazione. A mio avviso bisognerebbe portare la Serie A almeno a quattordici squadre. Logicamente non sarà possibile sin da subito avere un livello importante. Credo però che nel tempo il livello tecnico-tattico si innalzerebbe portando benefici anche alle varie Nazionali. Avendo una massima serie a quattordici e magari anche più squadre, la Serie B diventerebbe veramente quel serbatoio di ragazze, soprattutto italiane, da cui attingere per avere un bacino di giocatrici pronte a sbarcare nella massima serie. La Serie C, a mio modesto parere, dovrebbe avere una competenza territoriale di tipo interregionale. Non è ammissibile, soprattutto per costi, che ad esempio il Formello (Roma) si trovi a dover viaggiare sino in Lombardia, o che il Chieti si ritrovi a dove andare a giocare a Bolzano e viceversa. Si dovrebbe fare in modo di organizzare la terza serie nell’ambito delle due – tre regioni limitrofe, così da limitare i costi delle trasferte a società che non possono vantare introiti importanti. Sotto la Serie C proporrei un campionato di Eccellenza, magari a più gironi in base agli organici e di carattere regionale. Di lì in poi tutto Settore Giovanile, magari interessando il comitato del Torneo di Viareggio e proponendo loro di allargare la presenza femminile, al momento esigua.
Cosa pensi della riforma che ha portato la Serie A femminile al professionismo?
Partendo dal presupposto che qualcosa andava studiato per sostenere queste ragazze, devo dire che quanto messo in campo in questa riforma non mi pare che soddisfi il movimento intero. Ne è la prova provata la fuga di alcune storiche società che si sono liberate da subito del settore femminile vendendo anche il titolo sportivo. Io credo che le riforme, per essere credibili, devono sempre partire dal basso, mentre in questo caso si è fatto il contrario. Si è accontentato un numero ristretto di giocatrici (per la maggiore straniere) lasciando da parte il resto del movimento che poi rappresenta la maggioranza e soprattutto il futuro del calcio femminile. Probabilmente è stato fatto per attirare giocatrici straniere nel tentativo di alzare il livello qualitativo del nostro campionato, ma spero di sbagliarmi, ma credo che questa decisione non porterà benefici a lunga scadenza, anzi.
Per chiudere mister, so che segui molto il calcio femminile oltre che ad allenarlo. Hai una squadra particolarmente cara?
Indubbiamente la Roma, di cui apprezzo l’impegno della società, anche se sto vedendo troppe straniere (nulla contro di loro) e poche italiane, magari giovani da lanciare. La Roma sta facendo molto bene da alcuni anni, sia a livello di prima squadra che di settore giovanile. A tal proposito mi piace ricordare la figura di Fabio Melillo, un allenatore e un amico, che ha dato tanto al calcio femminile, non solo giallorosso. Ecco, ci vorrebbero figure come lui, persone innamorate di questo movimento. Purtroppo il destino ce lo ha portato via troppo presto, ma mi consola il fatto che molti allenatori stanno seguendo le sue orme e questo non può far altro che bene al calcio femminile.
(Emma Rotini)
** Calciopress è una testata giornalistica sportiva online, fondata nel 2007 da Stefano Cordeschi e Sergio Mutolo, che si occupa attivamente di calcio femminile. Attualmente segue tutte le Nazionali (dalla maggiore alla Under 15) e le dinamiche del movimento.