Un calcio che emargina i tifosi, cessa di essere un calcio etico

“Si è tifosi della propria squadra perché si è tifosi
della propria vita, di se stessi, di quello che si è
stati, di quello che si spera si continuare a essere”
Giovanni Raboni

Il calcio è trainato dalla passione dei tifosi.  È, e sarà sempre, un’azienda atipica. Svuotato dei contenuti etici che solo i tifosi sono in grado di immettere, rischia di avviarsi verso una deriva ineludibile.

Emarginare i tifosi, per costruire un business fasullo destinato destinato ad accartocciarsi su se stesso, significa togliere al calcio l’ossigeno che lo tiene in vita. Qualunque scelta venga fatta in questa direzione, alla lunga è destinata al fallimento.

L’errore di partenza è quello di continuare a considerare il calcio un’azienda come tutte le altre. Il fatto è che il calcio non è mai stato, e non sarà mai, un’azienda normale. Il calcio è la monetizzazione di un sentimento. Il suo traino sono i tifosi. In carenza, tutto il resto perde senso.

Il tempo passa. Il dato, però, resta. L’inarrestabile sprofondo nel quale è stato fatto precipitare il calcio moderno, è la prova provata che non c‘è peggior sordo di chi non vuol sentire.

Nella foto: tifosi della Florentia San Gimignano allo stadio Santa Lucia quando il club giocava in Serie A Femminile.

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