La recente intervista rilasciata dal presidente del Napoli, Raffaele Carlino, conferma un dato di fatto ormai chiaro a tutti gli addetti ai lavori. Ma non per questo incontrovertibile.
La Serie A Femminile di calcio è lanciata verso il professionismo. La Divisione Calcio Femminile guidata da Ludovica Mantovani e la Figc di Gabriele Gravina stanno arando il campo per la semina. Vedremo cosa ne uscirà fuori a breve-medio termine. Il tempo è sempre galantuomo.
Resta il fatto che le due facce del movimento, quella dilettantistica (che lo ha fatto lievitare) e quella professionistica (che ne sta semplicemente raccogliendo i frutti) non sono riuscite a integrarsi.
Una criticità che lascia spazio ad alcune brevi riflessioni, che vanno ancora oltre quelle, condivisibili, rilasciate dal presidente del club azzurro che è parte in causa >> LEGGI QUI.
➡️ Che fine farà l’anima dilettantistica, già ridotta ai minimi termini? E il capitale umano, dal quale tutto è partito, andrà disperso?
➡️ La componente dilettantistica si basa (si basava?) su una miscela di passione, capacità, competenze, conoscenze, abilità professionali e relazionali. Di fatto tanta roba. Non sostituibile con facilità né con passaggi precotti. Un patrimonio cruciale per la finalizzazione di un progetto, anche per i legami abilmente intessuti con il territorio.
➡️ Il capitale umano dei club in cui prevale (prevaleva?) l’anima dilettantistica è un valore immateriale, non misurabile con metodi scientifici. Di sicuro, però, ha a che vedere con la qualità delle prestazioni. Ne qualifica le potenzialità. Influenza i risultati a medio-lungo termine.
➡️ Un plusvalore da custodire, a nostro parere, se si vuole assicurare stabilità e sostenibilità al (difficile) attraversamento del guado al quale si appresta la Serie A Femminile. In un momento in cui il corrispettivo maschile naviga in acque torbide, che potrebbero intralciarne la stessa sopravvivenza ai livelli economici attuali.