La data si avvicina, diciamolo, pericolosamente. Il 1 luglio è dietro l’angolo, ma tutto tace. I verdetti dei campionati di serie A e serie B femminile sono stati emessi. Ma, di progetti, neanche l’ombra.
Nei media nazionali le notizie sono ridotte al minimo sindacale. L’informazione è affidata ai rari siti online dedicati. Troppo poco. Davvero troppo poco in termini prospettici
La transizione verso il professionismo non occupa spazio nell’immaginario collettivo. Rimane un problema di nicchia. Complice la crisi del versante maschile, il mondo pallonaro è sempre più simile a una barca che naviga in mare aperto con le vele rotte.
Per la massima serie nazionale femminile, il rischio è trasformarsi nel sottoprodotto sbiadito di un corrispettivo maschile già per conto suo allo sbando. Affogato dai debiti e preoccupato dagli indici di liquidità che in pochi potranno rispettare.
Gli addetti ai lavori dovrebbero avviare in tempo utile, anzi da subito, progetti e iniziative conformi a una svolta epocale per l’intero movimento calcistico italiano. Soprattutto, dovrebbero porsi interrogativi per dare soluzione alle molteplici criticità da affrontare. E, soprattutto, da risolvere.
Perché il modo più semplice, efficace e (quasi) infallibile per trovare buone risposte è proprio quello di porsi buone domande.