La Serie A Femminile ha dovuto fare i conti con la seconda interruzione stagionale, dopo che si sono giocate appena cinque partite.
L’abbuffata Nazionali è stata messa al centro dell’attenzione generale. Questo ‘andamento lento’ potrebbe rivelarsi alla lunga deleterio, provocare effetti nocivi a medio-lungo termine, diffondere fra i tifosi un sentore di precarietà che non può che nuocere alla crescita del movimento?
Domande che è corretto porsi in quanto la massima serie professionistica del calcio femminile italiano è la stella polare dell’intero sistema, rappresenta il traino di un calcio di genere che tarda a farsi largo nell’immaginario collettivo. La sua funzione non dovrebbe essere quella di attrarre ragazze verso un sistema che ha solo 30.000 tesserate? Questo tipo di format al rallentatore è funzionale rispetto a questo obiettivo?
Il fatto è che colpiscono i piccoli (in certi casi piccolissimi) numeri relativi alle presenze di tifosi negli stadi della Serie A Femminile, peraltro mai resi ufficiali da una Divisione Calcio Femminile davvero troppo poco ‘comunicativa’.
Giocare in modo così saltuario e scendere in campo a corrente alternata è davvero l’optimum per un campionato già di suo striminzito? Alla Superlega sono state ammesse solo 10 squadre. La scelta delle due poule non convince appieno. A molti, noi fra questi, non convince affatto.
Non si dovrebbe fare qualcosa per alzare l’asticella del sistema calcio femminile, soprattutto dopo la sua entrata nell’era professionistica? E però non si intravedono guizzi, non circolano idee, non traspare una comunicazione mediatica all’altezza.
In passato sono già stati già persi troppi treni. Errare è umano, ma perseverare è diabolico. Bisognerebbe, davvero, darsi una bella mossa.
Giocare con maggiore frequenza e, soprattutto e con maggiore regolarità. sarebbe già un buon inizio. Non sarebbe opportuno immettere alte dosi di tensione emotiva in un campionato che è professionistico? Diversamente, come potrà avvenire la tanto sbandierata crescita?